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La conversione del file RAW nella Fotosub

 

Spesso sento dire dai neofiti, specie se provenienti dalla fotografia con la pellicola, magari con qualche capello grigio, che non ne vogliono sapere di diavolerie digitali e, pur passando a questo supporto, non effettueranno alcuna modifica o regolazione alle loro immagini, lasciandole così come sono. Bene, a questa affermazione una sola risposta si può dare: non è semplicemente possibile. In effetti possiamo impostare la macchina fotografica digitale su alcuni valori (magari le impostazioni di base della casa produttrice) e andare avanti con quelle, ma questo implica che qualcun altro, prima di noi, ha operato quelle scelte che ci rifiutiamo di fare e semplicemente ce le impone. Il bello poi, è che questo... avveniva anche "prima", con la pellicola: le case produttrici di pellicole producevano (e producono) le emulsioni dosando il colore, il contrasto, la saturazione ed altri parametri seguendo dei gusti e dei criteri che, in quanto tali, sono soggettivi.

E questo solo per quanto riguarda la regolazione dei parametri di base come il contrasto, la saturazione e così via.

A questo punto, perché non approfondire l'argomento e appropriarci delle infinite possibilità della resa dell'immagine seguendo, se vogliamo, il più possibile la corretta riproduzione di quanto visto, oppure il nostro estro?

 

         

 

 

 

 

 

 Il  formato raw, il cosiddetto negativo digitale, deve essere sviluppato, bene.

 

 

 

 

 

Una digressione filosofica: quando la fotografia ha fatto il suo ingresso nel mondo della grafica i pittori l' hanno considerata una diavoleria moderna priva di possibilità creative, poi questa considerazione è stata fatta per la foto a colori, per gli automatismi di esposizione e per l'autofocus; infine i maledetti pixel sono stati demonizzati e lo sono ancora da chi non vuole ammettere che i mezzi tecnologici a disposizione non fanno altro che rendere più facile e possibile l'espressione artistica che sempre e comunque deve partire dalla persona che ne fa uso.

I “formati”:

 Non è questo il testo adatto a spiegare i fondamenti della fotografia digitale, qui trattiamo solo quello che riguarda la sua applicazione sotto il pelo dell’acqua ma una breve premessa va comunque fatta.

Ancora una volta mi si perdoni il linguaggio semplicistico e probabilmente approssimativo se non inesatto, ma l’approfondimento di questo argomento richiede testi interi di informatica.

In digitale il cosiddetto formato si riferisce al “linguaggio” informatico con cui viene scritto il “file”, ogni marca di macchina fotografica ne possiede uno e può anche variare da modello a modello, poi i software di “fotoritocco” (sono chiamati così ma la definizione più esatta potrebbe essere foto-gestione) hanno i loro formati cosiddetti “proprietari”  che permettono di “salvare” il file mantenendo le peculiarità del programma in questione, infine i formati che possono essere “letti” da tutti i computer, “compressi” oppure no a seconda delle esigenze di qualità o di praticità. Come si intuisce, questa trattazione deve essere approfondita prima di accedere alle nozioni che andremo ad esaminare altrimenti si rischia di non capire i concetti fondamentali.

Questo “linguaggio” viene di volta in volta “tradotto” da un formato all’altro a seconda delle esigenze.

Le fotocamere reflex e le compatte di buon livello normalmente consentono il salvataggio delle immagini in due formati di concetto fondamentalmente differente:

Jpg (Joint Photographic Experts Group):è il formato più usato in internet per ragioni pratiche: effettuando la cosiddetta compressione (che è una sorta di approssimazione), con una perdita di qualità che può essere minima o più visibile a seconda della nostra esigenza,  riduce la grandezza del file con ovvi vantaggi. Quando la fotocamera salva in questo formato opera necessariamente delle scelte (che possono essere modificate da noi), limitando le possibilità di regolazione successiva (sebbene rimanga un gran margine di modifica). Questo formato, per essere meno voluminoso, non permette una profondità colore maggiore di 24 bit:  8 bit per canale R, rosso, G, verde, B, Blu (in pratica riduce il numero di diversi colori presenti nell'immagine originale ripresa dal sensore), questa limitazione normalmente non è rilevabile sullo schermo del computer.

La compressione: il JPG effettua una compressione cosiddetta distruttiva, in effetti la parola compressione evoca un processo differente: come noi sub ben sappiamo, quando comprimiamo l’aria nelle bombole questa ci viene restituita nella sua interezza: 4000 litri immettiamo comprimendola in 20 e 4000 litri otteniamo aprendo il rubinetto; nella compressione jpg invece parte dei dati, laddove può essere fatto risultando all’occhio meno visibile, saranno accorpati con una diminuzione della qualità che sarà proporzionale al livello di riduzione del volume del file. Infatti sarebbe più corretto definire questa operazione “riassunto” che “compressione”.

Facciamo in esempio: se voglio ridurre il numero di caratteri da memorizzare dei Promessi Sposi posso attribuire un simbolo convenzionale alle parole “Renzo” e “Lucia”: Renzo sarà # e Lucia @, indubbiamente risparmierò 4 caratteri ogni volta che li trascriverò, ma nel momento in cui voglio riportare il romanzo al suo stato sarà sufficiente invertire il processo e questo ritornerà perfettamente allo stato originale. Se invece effettuerò dei riassunti e dei tagli di brani meno importanti ai fini della trama del racconto, questi non saranno ripristinabili.

Raw: in inglese: grezzo, non lavorato, in pratica restituisce tutte la informazioni catturate dal sensore senza interventi sul colore e sugli altri parametri. La profondità del colore è, nella maggioranza dei casi, di 48 bit: 16 bit per canale RGB; il peso del file è molto più elevato con tutti i problemi di trasmissione ed immagazzinamento che possiamo immaginare. Le potenzialità di regolazione della foto è però notevolmente superiore.

La quantità di memoria necessaria per immagazzinare questi file è molto maggiore, ma con la diminuzione del costo e l'ampliamento delle capacità delle schede di memoria e degli hard disk dei computer, oggi vale veramente la pena di scattare e conservare le foto in questo formato.

Esempi di perdita di qualità jpg:

 

 

   

 

Compressione minima: è difficile rilevare lo scadimento della qualità

 

 

 

 

 

 

 

   

Compressione notevole (80%), si cominciano a vedere le "approssimazioni" del colore, con passaggi repentini e non graduali tra uno e l'altro.

 

 

 

   

 

 

 La compressione jpg al 100%: è ovvio che una tale     elaborazione può avere la sola finalità dell'effetto speciale.

 

 

 

 

 

 

 

L'Artefatto jpg:

 

 

 

 

 

 Nel particolare della foto vediamo il classico"artefatto" peculiare di questo formato: nelle zone a colore uniforme appaiono immagini fantasma altrimenti non rilevabili in zone con colore più vario.

 

 

 

 

 

 

I formati nativi dei software fotografici:

Ogni programma ha un proprio formato, detto anche "nativo" (talvolta importabile in altri programmi e raramente compatibile a questi), suo esclusivo, il più famoso è il formato Photoshop detto PSD (PhotoShop Document). Mentre si lavora il file, non solo regolando i colori e i contrasti, si possono utilizzare molte altre caratteristiche, come ad esempio, lo vedremo in seguito, i layer, gli strati in cui può essere suddivisa l'immagine.

Per lavorare su queste caratteristiche e permettere di salvare il lavoro anche prima di averlo finito si deve utilizzare il formato nativo; in questo modo ritroveremo le caratteristiche dell'immagine così come l'abbiamo lasciata al momento della ripresa della elaborazione. Mi rendo conto che per comprendere questo concetto bisogna già essere in possesso di nozioni di fotografia digitale, per chi dovesse essere non in grado di comprendere consiglio la lettura preventiva di testi sull'argomento.

I formati non compressi.

Sono quelli leggibili da tutti i computer e i loro software, non sono compressi e conservano la grandezza e la qualità del file originale.

Ad esempio un formato molto diffuso è il TIFF (estensione .tif) Tagged Image File Format.

E' uno dei formati più diffusi per gestire i file ottenuti dalla conversione raw, le immagini saranno regolate ma non compresse, integre e lavorabili con tutti i software di fotoritocco.

 

La "apertura" del file:

 La schermata di "Camera Raw" di Adobe, vediamo l' istogramma e le numerose possibilità di regolazione (bilanciamento del bianco, contrasto, esposizione, luce fill-in, curva tono, riduzione del rumore, sharpening e molte altre)

 Il file raw è quindi un insieme di dati sì completo (almeno per quanto il sensore può) ma, come dice il nome, grezzo, e così com'è serve a poco. Bisognerà operare quello che il jpg, gli altri formati (ne parliamo dopo!) e la pellicola nel secolo scorso ha già fatto: eliminare tutto quello che non serve, lasciando  Tra le  prime operazioni che dovrà effettuare il software di conversione (sia che ciò avvenga nella fotocamera stessa che col computer dopo) vi è la demosaicizzazione, questa specie di scioglilingua sta a significare la necessità di "inventare" dei pixel intermedi tra quelli registrati dal sensore nei colori fondamentali rosso, verde, blu. Questo argomento può essere approfondito ma non in questa sede in quanto, per l'uso pratico, ci interessa più sapere dove possiamo operare per ottimizzare le nostre immagini.

 Il Bilanciamento del bianco:

Nella immagine grezza sono presenti tutte le informazioni di luce che hanno raggiunto il sensore, i convertitori RAW ci propongono la regolazione effettuata in macchina come prima scelta, ma possiamo modificarla a nostro piacimento come se avessimo impostato la fotocamera diversamente fin da prima dello scatto, questo è concettualmente diverso da una regolazione del colore effettuata dopo: infatti in un'immagine già regolata alterare il colore comporta una aggiunta arbitraria di tonalità, mentre nella regolazione a monte faremo emergere le gradazioni già presenti nelle informazioni del sensore semplicemente eliminando quelle che non ci servono e non aggiungendone altre. Sì, va bene, ma che vantaggi avremo a livello di risultato finale? Spesso potremo non avere sensibili differenze, ma laddove la tonalità presenta delle sfumature particolari o poco note potremo sfruttare appieno le potenzialità del sensore.

Il bilanciamento del bianco può essere effettuato in più modi: utilizziamo l'impostazione luce diurna (in alternativa, l'automatico). Taluni fotografi di alto livello usano bilanciare il bianco con gli appositi cartoncini, ma all'atto pratico questo nella maggior parte dei casi è superfluo: impostando "automatico" o "luce diurna" o "flash" otterremo già un risultato di partenza più che accettabile, scattando nel formato RAW potremo applicare le correzioni che vogliamo in post produzione. Questo è un problema più per gli operatori video che dovranno avere un risultato iniziale più simile al prodotto finito. Si può effettuare il bilanciamento del bianco manuale all'inizio dell'immersione ma la dominante blu sarà bene non compensarla, in quanto è proprio questo colore che caratterizza il mare, ed il flash provvederà a darci i toni caldi là dove lo desideriamo (quest'ultimo argomento è riportato nella sezione "la luce" di questo sito).

Esposizione:

La conversione del file RAW non può inventare ciò che non c'è, nel senso che se la luce che passa attraverso il diaframma dell'obiettivo è insufficiente o, peggio, eccessiva, si possono avere delle zone di mancanza di informazioni tali da non rendere possibile un recupero di esse, ma con tutte le informazioni catturate dal sensore disponibili e non già selezionate, possiamo recuperare una quantità di immagini apparentemente irrecuperabili o di scarsissima qualità.

Per le funzioni accennate sopra potremo fare riferimento al grafico che appare normalmente nei programmi di conversione: il cosiddetto istogramma. Questo in genere è presente nelle fotocamere per verificare l'esposizione, lo potremo vedere scorrendo le opzioni di visualizzazione del monitor della macchina, nei programmi di conversione raw lo troveremo anche in versione "a colori" per misurare la quantità e gli eventuali eccessi di presenza di R, G o B. L'interpretazione dell'istogramma richiede una trattazione a sé, e non vi è lo spazio qui per farlo, consiglio comunque di fare pratica sull' utilizzo di questo mezzo, magari facendo prove e tentativi.

Riduzione del rumore:

Più aumenta la sensibiltà ISO e più andiamo incontro ad un incremento della "grana" presente nell'immagine, analogamente a quanto accade alle foto su pellicola; la fotocamera può effettuare già una riduzione di questo fenomeno in maniera standardizzata, agendo però in maniera personalizzata al momento della conversione del file RAW possiamo ottenere risultati più accurati ed adatti ad ogni singola situazione. Nessuno ci impedisce, poi, di ridurre ulteriormente il rumore utilizzando i filtri appropriati o, addirittura programmi specifici come "Neat Image" (vedi articolo dello stesso autore sulla riduzione del rumore).

Le regolazioni effettuabili nell'ambito della conversione spaziano poi nella taratura delle alte luci, dei toni medi e scuri, la calibrazione della intensità e della saturazione delle tonalità di colore, la compensazione delle ombre. Seguono un'altra miriade di regolazioni possibili, tutte volte a sfruttare al meglio la quantità di informazioni del sensore, ma molte di queste potranno essere modificate efficacemente anche dopo la conversione.

Per apprezzare efficacemente le potenzialità della lavorazione dei file grezzi, prendiamo in considerazione le foto con errori di esposizione: qui partiamo da una quantità di informazioni catturate dal sensore inferiore a quelle normali, non si tratta di una interpretazione di dati come il bilanciamento del bianco, ma da una vera e propria carenza di essi. Nonostante ciò, regolando le immagini mal esposte (fino a 4 stop di sottoesposizione e  2 di sovraesposizione, in alcuni casi anche di più) riusciamo a recuperarle (per vedere degli esempi vedi le immagini commentate di questa sezione).

La scelta del programma di conversione RAW:

Si può iniziare utilizzando il programma in dotazione alla macchina fotografica, ma non è detto che sia il migliore, del resto non avrebbe senso  produrne degli altri se non vi fossero dei motivi legati alla qualità o alla praticità d'uso. Normalmente il software in dotazione della fotocamera è limitato a poche regolazioni e alla conversione in formato tiff, fruibile da tutti i programmi di fotoritocco.

Qui di seguito alcuni programmi sviluppati per... sviluppare il nostro "negativo digitale" al meglio, secondo le nostre necessità creative o documentali:

Lightroom, (Adobe)

Camera Raw (plugin di Photoshop e Photoshop Elements, Adobe)  

DNG Converter (Adobe) non è un programma per sviluppare ma per convertire il "negativo digitale (DN)" in formato fruibile da tutte le versioni di Camera Raw.

Paint Shop Pro (Corel)

Corel Aftershot Pro (Deriva da Bibble ex Bibble Labs) (Win, Mac e Linux)

Capture One (Phase One)

Nikon Wiew,

Nikon Capture NX,

Canon Digital Photo Professional

Raw Therapee (freeware)

Aperture (Apple)

iPhoto (Apple)

Questo elenco è sicuramente incompleto, inoltre gli stessi software qui presenti evolvono, per cui difficilmente può essere sempre aggiornato.