fabio carnovale  federico carnovale  le fotocamere subacquee

Guida alla fotografia subacquea:

con la collaborazione di maurizio ulisse

Una panoramica sulle macchine fotografiche in commercio utilizzabili nella fotosub

 

Le macchine fotografiche: compatte, reflex e mirrorless

 Le macchine fotografiche usate nella fotografia subacquea sono fondamentalmente di due tipi: compatte e reflex, le prime ovviamente presentano il vantaggio insito nel loro stesso nome, che nella fotosub fa ancora di più la differenza necessitando gli apparecchi fotografici di custodie ermetiche all’acqua che ne amplificano notevolmente il peso ed il volume. Le seconde, che devono il loro nome alla peculiarità di riflettere l’immagine acquisita dall’obiettivo direttamente nel mirino, sono più ingombranti e pesanti e le loro custodie subacquee lo sono ancora di più ma, evidentemente, presentano dei vantaggi che possono giustificare questa caratteristica.

 Nel secolo scorso vi era una terza categoria di fotocamera definita a mirino ottico (galileiano), che si avvaleva di un semplice mirino posto nella parte superiore del corpo macchina che inquadrava la scena imitando il più possibile quello che l’obiettivo “vedeva”. Questa categoria di macchine fotografiche si prestò ad essere già costruite a tenuta stagna senza necessità di custodie hanno avuto un grandissimo successo grazie alle ridotte dimensioni ed alla ottima qualità delle ottiche, le principali esistenti erano la Motormarine della Sea& Sea e le Nikonos della Nikon, quest’ultime corredate anche da una ampia gamma di obiettivi di altissima qualità che le rendevano paragonabili alle più sofisticate reflex. Per approfondire questo argomento vi rimandiamo alla sezione “storia della Fotosub” del sito.

Oggi la Nikonos digitale non esiste, per effettuare scatti fotografici sott’acqua dobbiamo avvalerci di apparecchi concepiti per l’uso terrestre e protetti dall’acqua con un’apposita custodia.

Veniamo ora alla descrizione dei tipi di fotocamera digitale oggi in uso:

Le Compatte:

 

 

Nelle compatte l'obiettivo riporta l'immagine sul sensore, contemporaneamente questa viene riprodotta sul piccolo monitor posteriore per effettuare l'inquadratura.

 

 

 

 

 

 

 

 

Piccole, pratiche, ma con obiettivo non intercambiabile, seppure di ampia escursione focale: le compatte, il primo passo verso la fotografia.

 

 

 

 Devono il loro nome ovviamente alle ridotte dimensioni, ma soprattutto alla caratteristica, presente nella quasi totalità dei casi, di avere l’obiettivo integrato, non intercambiabile ma di ampia, talvolta ampissima escursione focale, che normalmente copre la funzione grandangolare, teleobiettivo e macro, tali obiettivi, a focale variabile,  si definiscono “zoom”.

Nelle più moderne è presente un ampio monitor che serve non solo al controllo del risultato ottenuto ma anche ad effettuare l’inquadratura, questo caratteristico modo di inquadrare (detto live wiew) ha cambiato negli ultimi anni lo “stile” della ripresa fotografica amatoriale, che avviene con la macchina distante dal viso al contrario di quanto avveniva in precedenza avvicinando l’occhio al mirino.

Normalmente le compatte vengono scafandrate in custodie dedicate che riportano all’esterno tutti i comandi utili.

   Un limite delle custodie per compatte è che normalmente non sono dotate di oblò corretti ma esistono accessori, universali e dedicati, che possono essere applicati per questa esigenza (vedi sezione apposita).

 

   L’inquadratura viene effettuata tramite il monitor in “live wiew”.

     

Le Reflex:

 Qui il nome riporta ad una caratteristica saliente della macchina che la caratterizza rispetto agli altri sistemi: l’immagine, catturata dall’obiettivo, viene riflessa attraverso uno specchio ed un “pentaprisma”  (che conferisce a questi apparecchi la classica forma con la  protuberanza in alto) fino ad arrivare al mirino dove, otticamente, si potrà apprezzare esattamente quello che verrà ripreso dalle lenti. Al momento dello scatto lo specchio si solleva verso l'alto scoprendo il sensore e permettendo all'immagine di impressionarlo.

Nonostante lo sviluppo tecnologico di questi meccanismi abbia portato a ottenere delle velocità notevoli nello scatto multiplo (oltre 10 fotogrammi al secondo) la sequenza in oggetto costituisce un limite per quello che riguarda la rapidità e la silenziosità.

Di recente sono apparse anche reflex nelle quali, grazie alla adozione di specchi in parte traslucenti, non è necessario il sollevamento dello specchio.

 

 Lo schema del mirino reflex: l'immagine entra dall'obiettivo, si impressiona capovolta sul sensore e si ripresenta dritta al mirino dopo essere stata riflessa dagli specchi

 

 

La Classica reflex, oggi digitale, ancora considerato il sistema fotografico d'elezione per il professionista ed il dilettante evoluto. Qui l'ammiraglia Nikon d800, 36 megapixel full frame. L'obiettivo è il 16mm Nikon eccellente per le riprese fotosub.

 

   

 Una reflex nel suo scafandro, la protuberanza superiore segue quella del pentaprisma della macchina contenuta.

 

 Osserviamo lo specchio della reflex: abbassato, consente la visione dell'inquadratura riflettendola verso l'alto.

                        

 Nel momento dello scatto lo specchio si alza lasciando passare l'immagine verso il sensore

 

               La reflex collocata all'interno della custodia

 

 Anche nelle custodie per reflex i costruttori fanno ogni sforzo per riportare all'esterno tutti i comandi della macchina all'interno. Il mirino, per far sì che si possa vedere l'intera inquadratura anche con la maschera, può essere dotato di "Magnificatore".

 

Le Bridge:

 Il  loro nome vuol dire "ponte" cioè si prefiggono di essere una via di mezzo tra le compatte e le reflex.

Sono fondamentalmente delle compatte con una focale più lunga, sono provviste di obiettivo fisso con una escursione focale molto ampia, che, partendo da un medio grandangolare arriva talvolta a più di 1000 millimetri (equivalenti al 35mm). Normalmente inoltre, presentano delle caratteristiche qualitative mediamente superiori alle compatte ma inferiori alle reflex.

Lo sviluppo delle compatte più avanzate e delle mirrorless, unitamente al notevole ingombro dovuto anche ad una focale che può raggiungere valori di teleobiettivo non certo utilizzabili sott'acqua, ha fatto sì che questo tipo di fotocamera sia raramente utilizzata per l'uso subacqueo.

 Le Mirrorless:

Il nome originale di queste fotocamere è EVIL (acronimo di Electronic Viewfinder Interchangeable Lens, cioè Mirino Elettronico Obiettivi Intercambiabili), ma significando in inglese "Male" o "Malvagità" e invece essendo queste piccole macchine inoffensive e gentili, preferiamo la terminologia "mirrorless" (senza specchio, anche se non è certo molto elegante classificare un apparecchio tecnologico per quello che non ha).

Sono nate per privilegiare la compattezza, eliminando il "pentaprisma" ed effettuando l'inquadratura esclusivamente in modalità "live wiew" oppure, in alcuni modelli, anche mediante un mirino elettronico di buona qualità. In altre parole, il mirino con il classico specchio presenta l'indubbio vantaggio di fornire una visione dettagliata e fedele del soggetto da riprendere, specialmente per quello che riguarda la messa a fuoco, ma rinunciandovi a favore di mirini elettronici fedeli nella riproduzione dell'inquadrature o utilizzando con successo il live-view, si può rimpicciolire notevolmente la fotocamera eliminando inoltre lo specchio che deve alzarsi verso l'alto ad ogni scatto con i problemi connessi di rumorosità e limitata velocità.

 

 

   

 

Lo schema delle Mirrorless: rispetto alle reflex manca il pentaprisma con tutti i pro e i contro del caso.

Il mirino elettronico può mancare del tutto a favore del solo "live view"

 

 

In effetti quando ho visto per la prima volta queste macchine scafandrate il mio pensiero è stato: ma queste sono state pensate apposta per la fotosub!

Nell'uso terrestre la fotocamera mirrorless presenta il vantaggio dei minori ingombro e peso, ma questo può essere anche uno svantaggio, un corpo macchina delle giuste dimensioni per essere afferrato con le mani saldamente è forse più desiderabile di una mini camera difficoltosa da impugnare, a tal proposito mi ricordo di quando acquistai, nel 1979, la famosa Pentax ME: piccolissima, la più piccola sul mercato, fu molto apprezzata, ma non per le dimensioni che nei modelli successivi aumentarono per far posto ai circuiti necessari per gli automatismi e lievitarono ancora nelle macchine digitali odierne.

 

La Sony Nex 5 è stata tra le prime mirrorless a essere portate sott'acqua. 

Come si vede: niente mirino oculare né ottico né elettronico, negli ultimi modelli quest'ultimo (ovviamente altrimenti ritorna lo specchio e non sono più mirrorless) è spesso presente con una risoluzione, man mano evolvono i modelli, sempre più alta al fine di ottenere un mirino di pari precisione a quello ottico, sicuramente il progresso tecnologico porterà a questo. Oggi ancora il mirino ottico reflex permette una maggior precisione e le fotocamere, così come le ottiche, non sono ancora evolute come le reflex. C'è da aspettarsi che l'evoluzione dei mirini sia questo: live wiew e mirino elettronico ad altissima risoluzione, in questo modo tutto il castello dello specchio non serve più, a vantaggio della rapidità di ripresa negli scatti multipli e delle dimensioni che se non sono particolarmente importanti per il fotografo terrestre, lo sono senz'altro per quello subacqueo in quanto le dimensioni e il peso della custodia di una senza-specchio sono di un terzo di quella di una reflex.

...Così come la Nauticam è stata tra le prime a fabbricare le relative custodie

In effetti le EVIL per le custodie subacquee sono una delizia: sembrano concepite per questo scopo, le dimensioni dello scafandro rispetto alla macchina che contengono aumentano il volume dello strumento nel suo insieme in modo esponenziale (mi si perdoni il termine matematico usato a sproposito: intendo dire che a fronte di dimensioni non particolarmente diverse tra i due tipi di fotocamere quando sono "nude", le relative custodie differiscono in dimensioni e peso in modo molto più significativo, basti pensare che una custodia reflex pesa circa tre volte una mirrorless).

Un esempio:

Custodia per mirrorless Sony Nex 5n:    L154mm x H142mm x P80mm     peso 1kg

Custodia per reflex Nikon d300S:          L 241mm x H202mm x P152mm  peso 3,29 Kg

Ora, se è vero che anche la custodia più ingombrante e pesante in acqua dovrebbe essere neutra, è altrettanto vero che, specialmente in viaggio, con tutte le restrizioni sui bagagli (vedi apposita sezione di questo testo) risparmiare più di due chili tra macchina e custodia non può che rendere le cose più semplici. Comunque anche migliorare l'idrodinamicità grazie a un oggetto più piccolo tra le mani può essere annoverato tra i vantaggi.  

Oggigiorno le mirrorless hanno ancora delle limitazioni (che per la fotosub non sempre sono importanti come la varietà di obiettivi, sott'acqua ne servono pochi) che le pongono ad un livello più basso delle reflex

 Gli obiettivi:

Nelle compatte abbiamo normalmente un solo obiettivo “tutto fare” mentre nelle reflex si può sostituire per andare incontro alle più disparate esigenze.

Comunque, gli obiettivi, sia che si raggruppino in uno solo, sia che si tratti di unità distinte, si classificano nel seguente modo:

 Obiettivo grandangolare: obiettivo con un ampio angolo di campo, che “rimpicciolisce” la normale visione dell’occhio umano (meno di 50mm nelle reflex): sono quelli più utili nella fotosub.

 Obiettivo “normale”: qui l’angolo di campo, (circa 45°-47° per la pellicola 35mm oppure per il sensore 24x36) fa sì che la visione della scena  sia con un rapporto di ingrandimento simile a quello dell’occhio umano (50mm nelle reflex)

 Teleobiettivo: obiettivo che, parimenti ad un cannocchiale, aumenta la vicinanza degli oggetti inquadrati, con un angolo di capo quindi inferiore a quello umano: praticamente non si utilizzano mai nella fotografia subacquea.

 Macro: obiettivo, che può essere di qualunque focale, che consente una messa a fuoco tale da ingrandire gli oggetti fino al rapporto di 1:1 sul piano di un sensore 24x36 (in pratica obiettivi che possono svolgere la funzione di moderati microscopi. In effetti la maggior parte degli obiettivi macro sono teleobiettivi (>50mm), questo smentisce in parte quanto affermato prima ma vale solo per riprese ravvicinate.

 Zoom: sono quelle lenti che possono variare il loro angolo di campo, quindi possono esserci zoom grandangolari, tele e possono coprire entrambi i “range” focali. Nelle compatte normalmente un unico obiettivo svolge tutte le funzioni. Negli ultimi tempi nelle reflex hanno avuto un grande sviluppo in termini di qualità e di ciò non possiamo che esserne contenti nella fotosub in quanto ci offre la possibilità di inquadrature diverse nonostante l'impossibilità di cambiare ottiche sott'acqua.

 

 

   

Gli obiettivi delle reflex: grandangolare, macro tele, esiste una infinita gamma di focali, ovviamente anche variabili

 

 

 

 

L’unità di misura degli obiettivi è il “millimetro”: questo è dovuto al fatto che quando si iniziò la produzione degli obiettivi delle macchine fotografiche avendo degli schemi ottici più elementari di quelli odierni, ad ogni lunghezza (intesa come distanza della lente più esterna da quella più interna) corrispondeva un diverso angolo di copertura quest’ultimo tanto più ampio quanto l’obiettivo è corto e viceversa. Oggi, oltre al fatto che tale rapporto lunghezza-angolo di campo non è più attuale  in quanto con schemi ottici sofisticati non vi è più la costanza di rapporto tra queste dimensioni, sono anche estremamente variabili le dimensioni del sensore da impressionare per cui ad una dimensione in millimetri può corrispondere una ampia gamma di angoli di campo. Tutto questo complica un po’ le cose, specialmente per chi non ha molta dimestichezza con gli obiettivi che sono concepiti (o derivano da essi) per l’uso con la pellicola da 35mm. Sarebbe auspicabile definire gli obiettivi con il loro angolo di campo, misurato sulla diagonale dell’immagine, ma anche qui si potrebbero generare delle incomprensioni dovute alla diversa dimensione dei sensori che porterebbero ad una variazione di angolo a parità di obiettivo.

 L’obiettivo: la focale in rapporto col sensore:

Nelle compatte normalmente, per rendere il linguaggio comprensibile a chi è alle prime armi con la fotografia, l’obiettivo è definito con un numero seguito dal “X” che sta a significare quante volte lo “zoom” è in grado di ingrandire la scena inquadrata a partire dalla focale minima. Questa caratteristica è specificato normalmente se si tratta di zoom ottico o digitale. Ebbene lo zoom ottico consiste in un reale aumento della capacità di ingrandire dell’obiettivo, mentre quello digitale consiste in un semplice ritaglio operato dal “software” così come si può fare in seguito coi programmi di fotoritocco, in pratica, non ha quasi alcuna utilità.

Una caratteristica importante degli obiettivi delle compatte però è anche la capacità di “allargare” il campo visivo (grandangolare), e questo ci interessa molto nella fotosub, nelle caratteristiche delle compatte questo viene indicato come “equivalente a ….mm delle reflex”.

Riassumendo:

Zoom Ottico …X

Zoom Digitale …X

Obiettivo equivalente …mm

 

Facciamo un esempio: zoom ottico 10X (35mm equivalente) 35mm-350mm equivalente:

questo obiettivo parte da una focale che inquadra un po’ in largo più della visione umana ed arriva a moltiplicare ovvero a restringere il campo visivo di 10 volte, in pratica come un potentissimo teleobiettivo.

Perché parliamo di equivalente? In effetti la misurazione classica dei mm degli obiettivi è stata fatta, come detto, per la pellicola con formato 24x36 misurando la effettiva lunghezza dell’obiettivo per ottenere un determinato ingrandimento: questo vuol dire che, in passato, ma spesso anche oggi, a seconda degli schemi ottici, un obiettivo di 350mm è lungo effettivamente 35 centimetri.

Essendo però il sensore delle compatte molto più piccolo, l’angolo di campo risulta “ritagliato” e la focale equivalente molto più lunga.

In pratica, comunque, quello che più ci interessa nella fotosub è la capacità di allargare il campo più possibile, questo lo possiamo ottenere in due modi: se la nostra compatta già è provvista di un obiettivo 28mm, o 24mm equivalente è gia sufficiente, diversamente possono essere utili gli aggiuntivi grandangolari che “allargano” otticamente il campo. Per tutti, comunque, sono utili gli oblò correttori. Di questi ultimi tratteremo in seguito nella sezione “correzione della aberrazione cromatica”.

 Qui nella immagine vediamo la differenza tra il sensore a formato pieno, che vuol dire della stessa dimensione della pellicola 35mm e il sensore (sempre delle reflex) a formato ridotto (detto APS) e quello delle compatte.

 Quello che si evince da queste considerazioni è che il mondo delle fotocamere compatte si differenzia notevolmente da quello delle reflex: al tempo dell’avvento della fotografia digitale si ebbe l’impressione che le macchine fotografiche si sarebbero trasformate tutte in compatte più o meno sofisticate o voluminose, dotate di obiettivi dalla ampiezza focale sconfinata e provviste di funzione filmato, il che avrebbe fatto sì che anche un altro apparecchio destinato a impressionare immagini, la cinepresa, sarebbe stata inglobata in quest’unico strumento. Ma le vie del digitale sono infinite e oggi vediamo reflex, mirrorless e compatte di qualità con funzione filmato che eseguono egregiamente il loro lavoro sia nel campo della ripresa fissa che in movimento.

 I sensori delle fotocamere digitali:

Quando ci si avvicina alla fotografia digitale la prima cosa che viene da verificare è la risoluzione del sensore: Quanti megapixel?

Ovvero: quanti puntini compongono l'immagine? Più sono e più l'immagine è "definita" ? Non è così semplice.

Trattare in profondità questo argomento in questa sede è piuttosto difficile perché occorrerebbe l'intero sito e non avremmo ancora finito, ma delle indicazioni di massima, oltretutto facili ed intuitive, posso senz'altro darle senza tema di essere strapazzato dai puristi della tecnica.

I formati dei sensori sono molteplici ma in linea di massima possiamo suddividerli in gruppi:

Medio formato: sono ovviamente quelli che vantano le prestazioni più alte, in passato si usavano custodie per fotocamere 6x6 e simili (vedi la sezione della storia della fotosub, le Rolleimarin e le Bicchiarelli per esempio) oggi sono veramente rare le apparecchiature subacquee di questo genere: su una superficie di circa 40x54mm vengono distribuiti fino a 80 megapixel producendo immagini di qualità massima anche ovviamente grazie ad apparecchi di elevatissima tecnologia. Ebbene esistono custodie anche per queste fotocamere, ma è veramente difficile, a causa dell'elevatissimo costo e ingombro, incontrarne qualcuna.

Pieno Formato: o Full Frame, si intende con questa terminologia quello che più si avvicina al formato della pellicola 35mm, per il quale sono costruiti la maggior parte degli obiettivi, oggi in versione digital ma spesso con poche variazioni rispetto ai precedenti concepiti per l'emulsione chimica. Le dimensioni del sensore sono circa 36x24mm, le Case si stanno dando battaglia a suon di megapixel e la competizione è ancora aperta essendo questa superficie ancora sufficiente a ricevere più puntini colorati senza andare incontro a problemi. Inoltre rappresenta il punto di riferimento per le fotocamere reflex in quanto la ricerca in campo ottico è stata per molti anni incentrata su questa dimensione.

Formato APS-C: deriva anche questo dalla pellicola, l'Advanced Photo System è stato un formato di pellicola non molto fortunato sul mercato introdotto nel 1996 e dismesso ultimamente anche dall'ultima casa produttrice, la Fuji.

Nel digitale, dopo alcune varianti, il formato è denominato APS-C ed è ridotto nelle dimensioni (23,6x15,7mm) costituendo così un fattore di ingrandimento rispetto al formato pieno di circa 1,5x (quello citato è lo standard Nikon, le altre case seguono criteri simili, arrivando a sensori di formato intermedio tra l'APS-C e il Full Frame oppure producendone più piccoli con conseguente aumento del rapporto di ingrandimento come le Olympus e Panasonic con rapporto di 4/3) In altre parole, riducendo la grandezza del sensore si "allunga" la focale degli obiettivi: un 50mm avrà così un angolo di campo ridotto di un terzo e diventerà simile ad un 75mm. Simile, non uguale, perché la profondità di campo sarà comunque quella del 50 con tutti i vantaggi e gli svantaggi del caso. Un importante chiarimento a proposito: spesso si legge “focale equivalente” facente riferimento al formato 35mm della vecchia pellicola. Come già accennato, questa definizione si applica al solo angolo di campo dell’obiettivo che si restringerà al ridursi delle dimensioni del sensore. Ma le altre caratteristiche dell’immagine restano uguali, la profondità di campo, la distorsione e tutto il resto sono quelle proprie dell’obiettivo, la differenza risiede solo nel ritaglio (in effetti è un semplice “crop” dell’immagine) della parte centrale dell’inquadratura.

Esistono e si moltiplicheranno  anche infinite altre versioni e dimensioni dei sensori, è inutile cercare di rincorrere questi sviluppi con questa trattazione, l'importante è aver determinato le caratteristiche di questi in funzione delle dimensioni e della focale dell'obiettivo.

Un principio fondamentale da tenere in considerazione è questo: non è detto che aumentare il numero di pixel sul sensore porti a un effettivo aumento della qualità: in realtà, "l'affollamento" di pixel porta inevitabilmente a un decadimento della qualità dovuto a un aumento del "rumore" (termine mutuato dalle apparecchiature video che hanno preceduto quelle fotografiche nel preferire il "segnale" elettronico a quello "chimico" cioè della pellicola) che altro non è se non la fastidiosa "grana" che riduce la nitidezza della foto. Esagerare nel numero di pixel in aree esigue ha fatto sì che addirittura si è assistito ad una riduzione in modelli successivi della stessa fotocamera o al mantenimento di quelli precedenti in altre.

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